Il rapporto della FIR “Federazione Internazionale del Riciclo”, in merito ai temi dell’economia circolare e dei rifiuti inerti provenienti da attività di costruzione e demolizione, afferma chiaramente e perentoriamente:
“The circular economy does not come of its own.
..recycled materials can be purposely used as filler materials. Usually this role is performed by sand or earth. Untreated C&DW can never serve as filler material.”
Il primo messaggio è tanto chiaro quanto universalmente importante. L’economia circolare non può magicamente divenire una realtà all’interno di società complesse come quelle contemporanee. In particolare se i benefici derivanti non riescono a propagarsi, come in una naturale osmosi, attraverso i vari strati sociali e comparti.
Il primo obiettivo, di chi cerca di portare avanti la bandiera delle soluzioni sostenibili che rispondono ai principi dell’economia circolare, deve essere quindi quello di condividerne i benefici, direttamente o indirettamente con il territorio in cui si insedia l’attività o a cui sono destinati prodotti e servizi, con la cittadinanza, con i lavoratori.
E’ proprio il caso di dire che #SHARINGisWIDER.
Il segreto di una concreta affermazione dell’economia circolare è la condivisione dei benefici che può portare. Tutti devono essere “shareholders” in modo tale che nessuno possa costruire delle barriere di ritenzione dei vantaggi. La preservazione forzosa di una posizione accentratrice di tali benefici non è una soluzione saggia; potrebbe sicuramente rafforzare le questione economica nel breve termine, ma a lungo andare ogni vantaggio strategico di mercato verrebbe meno perché alla domanda “cui prodest?” l’unica risposta possibile sarebbe “is scelus fecit”.
Il secondo messaggio, dal contenuto più tecnico, deve essere da monito per un Paese come l’Italia, dove il ritardo nel riutilizzo dei materiali inerti ai fini del riciclo è enorme rispetto ai colleghi Europei. I rifiuti inerti da attività di costruzione e demolizione (C&DW – Construction & Demolition Wastes) sono una quantità, in valore assoluto, estremamente importante.
500 milioni di tonnellate l’anno e la filiera del riciclo degli inerti sembrerebbe proprio non funzionare come dovrebbe.
In Germania il 91% viene reintrodotto a mercato, mentre in Italia a malapena il 10% dei rifiuti inerti viene riciclato e reintrodotto sul mercato, pesando circa il 3% del totale dei materiali impiegati (sui dati di mercato produrremo a breve ulteriori e dettagliate analisi). Inoltre, in Italia, circa il 50% dei rifiuti inerti provenienti da attività di C&D viene gestito illegalmente, secondo il report 2017 di LegaAmbiente.
Il gruppoSeipa da 50 anni lavora invece sulla possibilità di ridurre al massimo l’impatto sulle risorse naturali, avviando al riciclo il maggior volume possibile di inerti conferiti presso i propri impianti di riciclaggio. La ricerca sui come reintrodurli a mercato ci ha reso pionieri nella realizzazione di materiali premiscelati e betonabili, su base inerti riciclati, con prestazioni, caratteristiche (e certificazioni!) comparabili, se non migliori, di quelli tradizionali, realizzati con inerti naturali.
E’ il caso ad esempio del BECOMIX®, materiali perfetto per sottofondazioni (stradali soprattutto) e riempimenti, e del BECAVIT®, materiali sviluppato appositamente per il riempimento delle cavità sotterranee, in grado di essere attraversato dall’acqua (quindi permeabile), e quindi in grado di rendere il sottosuolo più stabile senza fermare flussi di acqua naturali, o causati perdite, evitando smottamenti e crolli superficiali.
Per Legambiente occorre promuovere una profonda innovazione nel settore delle attività estrattive – dichiara Edoardo Zanchini, vicepresidente del Cigno verde –, dove non è utopia pensare di avere più imprese e occupati nel settore, proprio puntando su tutela del territorio, riciclo dei materiali e un adeguamento dei canoni di concessione ai livelli degli altri Paesi europei.
Il gruppoSeipa va proprio in questa direzione, non solo concettualmente, ma con una volontà ferma confermata da tutti i propri investimenti.